01 All That's Left

02 Hopes become Holes

03 Tons of Stones

04 Wars on my own

05 Holocaust of simple being

06 know you by your name

07 We are those

08 Become a rag again

09 Core Of Life

10 It's Over

11 Sun Born In Chains

Wars for Nothing

Fabrizio De Andrè, ma anche rocker di razza con il background in diverse formazioni tra gli Anni ‘90 e il nuovo millennio (Old houses demolition, Overage, Dead poets society…), è anche (o soprattutto?) poeta. E partendo dalla sua San Daniele ha scelto in più occasioni di esplorare il mondo calcando i palchi di Germania, Inghilterra, Francia, Russia, Israele fino all’America, dove ha molti fan: il sogno di tutti quelli che un giorno imbracciano una chitarra.
Durante il primo lockdown del 2020, mentre il mondo si ferma per la pandemia, pubblica un album solista, Bones e una raccolte di liriche, Fulmini nei bicchieri, che fa seguito a Il rancore sottopelle e Pesci su Marte. Uomo maturo con l’entusiasmo e l’aspetto di un adolescente, diviso in due tra il poeta che si esprime nella sua lingua, l’italiano e il cantautore-rocker che sceglie l’inglese, proprio nel mezzo dei tempi più duri toccati alle ultime generazioni decide di dedicarsi interamente alla musica. Anche se le ragioni contingenti – in primis, l’impossibilità di esibirsi davanti al pubblico – lo costringono a riprendere anche la vecchia professione, senza remore e con orgoglio.
Viaggiatore, esploratore dell’anima, pure ex militare nelle missioni di pace, artista in continuo movimento con lo spirito di un bluesman moderno, Mario sceglie l’amico Ivano Contardo, musicista e autore di alcune canzoni significative della gnove musiche furlane, per produrre un nuovo lavoro. E’ così che nasce, mattone dopo mattone, Wars for nothing, il nuovo album solista registrato con passione e tenacia, mentre il mondo attorno riprende ad andare a pezzi, allo studio Laak di Jvan Moda. Con lui un piccolo, ma importante gruppo di musicisti di estrazione eterogenea, da Cristina Sybell Spadotto alla chitarra ad Angela Panzarella al basso, i jazzisti Ermes Ghirardini alla batteria e Mirko Cisilino alla tromba, oltre alla partecipazione attiva dei due produttori, Contardo e Moda.
Sempre capace, nel suo quasi mezzo secolo di vita, di risollevarsi dal buio e lenire le proprie ferite con la musica, Iob incide 11 brani (anzi, anche qualcuno in più, rimasto fuori dalla scaletta) per un album in uscita nonostante le zone ‘colorate’ e la fine del supporto discografico fisico vaticinata da molti. Anzi: proprio per sottolineare il carattere esistenziale ed esiziale di questo lavoro l’album uscirà soltanto in cd, ordinabile sul suo sito www.marioiob.com, dove a breve saranno annunciate novità relative alla presentazione ufficiale, inevitabilmente legata alle restrizioni del momento.
Wars for nothing è ‘il’ disco necessario per questi tempi sospesi, apparentemente senza un domani. Il grido di dolore, ma anche di speranza di un autore che anche nel bel mezzo della pandemia racconta con la sua voce profonda - come ha sempre fatto - i grandi temi della vita: l’amore, l’amicizia, la fede, il dolore, la ricerca dell’essenzialità dietro l’apparenza. Become a rag again ha un testo quasi ‘francescano’; Holocaust of simple being cerca il significato nascosto dietro questi “tempi di paura”; We are those la sintesi poetica di una visione ‘divina’ nel senso più profondo; Wars on my own un riassunto di una vita che trova un senso proprio nella capacità di lottare e risollevarsi, sempre; Core of life una dedica all'amico scomparso Claudio Macoritto e Hopes become holes l’apparente cedimento a una rassegnazione che, però, non fa parte di un animo ribelle e sensibile sempre capace di emozionare ed emozionarsi.

Andrea Ioime (dal settimanale "Il Friuli")

 


 

Il lontano Ovest di Sergio Leone, le lande desolate e i cactus in bella posa e poi, di conseguenza, Morricone (sentire "Holocaust of simple being" per credere", con la tromba di Mirko Cisilino), ma anche il Mark Lanegan solista ("All that's left", con quel giro di chitarra): sono alcuni riferimenti che io posso dare a chi voglia orientarsi nell'ultimo disco di Mario Iob. Canzoni che richiedono attenzione, non sono roba da sottofondo mentre facciamo la spesa al discount. Qui le parole hanno un peso già nei titoli, molto pensati, molto caratterizzanti l'artista Iob. Che ancora una volta nelle sue composizioni rifugge tutte le soluzioni più abusate e facili - diciamo pure paracule - e dunque non troverete una batteria martellante (anche se, ad esempio, in "Tons of Stones" Ermes Ghirardini ci dà dentro con le bacchette) o un basso pulsante, non c'è abuso di distorsioni nei ritornelli. Lo fanno tutti, lui non lo fa. Bene così. Il cantato - che per la voce a me continua a ricordare il Carl McCoy dei Fields of the Nephilim - esprime forse più turbamento che vera e propria rabbia, il messaggio in qualche modo arriva anche a chi non capisce l'inglese o non si sforza di capirlo. Sono dieci canzoni più una "ghost track", il che fa molto anni Novanta e di quel decennio mi tornano in effetti alla mente diverse band che abbracciavano sonorità "desertiche", ma nel nostro caso siamo davanti a un album da solista, che suona come ci si aspetta dall'album di un solista che però i suoi collaboratori li sa scegliere. Per dire, al mixer c'è Jvan Moda. Per dire. Inoltre - saggia decisione - viene lasciato libero sfogo alla chitarra elettrica di Cristina Sybell Spadotto, che definisce talvolta coordinate sorprendenti. Ma le sorprese abbondano in questo disco che è per molti aspetti dark (dark folk?), è western e, non per ultimo, decisamente - e a modo suo - rock.

Carlo Alberto Sindici

 


 

MARIO IOB
‘WARS FOR NOTHING’

(autoproduzione, 2021)
Con un titolo che è la più bella dichiarazione dei nostri tempi, Mario Iob, che si definisce “Un ramingo, un poeta, un bluesman, un cantautore, un rocker, una profonda voce narrante che vibra come l’anima che estrae con delicatezza dalla chitarra che accarezza e fa urlare”, ci offre il nuovo album, mettendo in campo come sempre la sua sensibilità, senza filtri né maschere. Una voce, che è lupo e dolcezza, ci graffia ed accarezza l’anima, raccontando storie di sentieri e boschi, di città alienanti e anime che si spezzano solo a toccarle. Naturalmente citare Mark Lanegan e Nick Cave viene naturale, ma Mario ha la sua personalità e la si percepisce ascolto dopo ascolto delle dieci tracce (più un brano nascosto). Perdetevi nei meandri acustici di “Tons Of Stones” o nella amabilmente terribile “Holocaust Of Simple Being”. Il viaggio continua con il coro apocalittico di “We Are Those” e si conclude con la profetica “Its’ Over”. Ruvido, tra ruggine e stelle, Mario Iob ci consegna un altro pezzo della sua anima.

(Gianni Della Cioppa)

Mario Iob -  CF BIOMRA72D03L483D - San Daniele del Friuli - info@marioiob.com